sabato 15 settembre 2012


Prova on the road

Dopo una settimana di utilizzo del tablet classe Nexus di Google, prodotto da Asus, posso dare un parere, personale, e quindi con nessuna intenzione di giudizio.
Il Nexus 7 è spinto dalla ormai ben nota architettura Tegra 3 , e la potenza non viene affatto imbrigliata da sovrastrutture di alcun genere (cosa che ad esempio succede con HTC che utilizza la SENSE come ambiente di front-end Android: in pratica un guscio che racchiude Android e lo migliora IMHO in moltissimi aspetti di uso quotidiano, ma che purtroppo lo appesantisce non poco in termini di reattività).
Quindi usando Nexus 7 ho la classica esperienza PURE GOOGLE così come a Mountain View è stata pensata: razionale, funzionale, senza fronzoli, e senza personalizzazioni. Forza  bruta!
Cosa vuol dire? vuol dire che il sistema reagisce senza impuntamenti, che si tratti di vedere un film, che di giocare ad un frame rate ottimale che aprire n applicazioni contemporaneamente.
Questo tablet non fornisce la classica esperienza d'uso Android per i tablet, ma una modalità ibrida a metà strada tra tablet e smartphone; al momento non mi dispiace la soluzione, anche perché 7 pollici sono una dimensione a metà strada tra tablet e smartphone, quindi giusto così.
Come saprete la connettività è soltanto Wi-Fi, manca il modulo 3G che si vocifera arriverà entro due mesi, e questa scelta, legata alla volontà di Big G di  lasciare basso il prezzo a livelli pazzeschi, e secondo me anche per iniziare a creare un ecosistema in punta di piedi, per poi espandere con la versione 3G il suo bacino di utenza, inizialmente mi aveva lasciato perplesso, e mi rendeva titubante se effettuare l'acquisto o rimandare al modello 3G appunto.
Approfittando di un buono acquisto Fnac, ho vinto l'indecisione (a 150 Euro + Buono chi non l'avrebbe preso?) e me lo sono portato a casa.
Confezione scarna col solo alimentatore di rete, e il Nexus 7 in bella vista coi suoi 16 GB on board non espandibili (sapete anche questo, manca un lettore di memorie).
Il display è bello, punto. E' IPS, non ha una densità di 500 PPI, ma siccome descrivo le esperienze d'uso senza volontariamente andare sul tecnico (mi scuserete, ma parliamo di hobby qui e non di lavoro... lascio a quell'ambito l'accademia di numeri e valori di targa) vi dico che si: si legge bene, è luminoso quanto basta (a me), ha un buon audio dallo speaker posto sul retro, la batteria in questa prima settimana mi ha sempre accompagnato tutto il giorno (batteria che in un eventuale modello 3G vedrebbe scendere secondo me la sua durata di un buon 25% causa la parte radio di ricetrasmissione HSPA dal consumo nettamente superiore al Wi-Fi) ed è trasportabile in modo comodissimo: con una custodia elegante (io consisglio le ottime ma costose Noreve in pelle, che uso anche sul Sensation) sembra quasi di portarsi dietro una Moleskine :)
Quanto alla connettività on the road se avete uno smartphone che consenta la condivisione della connessione internet via Wi-Fi ( Tethering) non ci sono problemi di sorta; nei luoghi in cui invece c'e' Wi-Fi è ovviamente ancor meglio navigare.
Le applicazioni girano bene, la risoluzione è ottimale per fruire dei contenuti sia multimediali sia del web. Il browser stock, Chrome, non è ancora maturo per un utilizzo fluido e completo: non è velocissimo, e non consente la visione di contenuti in Flash. Per ovviare a questo basta scaricare l'apk di Adobe e installarlo per utilizzarlo con Mozilla Firefox (mi raccomando cambiate le impostazioni di installazione applicazioni consentendo le fonti non conosciute). A dire la verità anche Firefox non è esente da problemi: è abbastanza lento, a volte il Flash freeza (il Flash è morto, lunga vita al Flash...) ma questa è l'unica soluzione, in attesa che il web si sbarazzi dei contenuti che ancora richiedono tale estensione. Detto ciò, mi aspetto netti miglioramenti a breve da parte di Google sotto questo aspetto.
Quanto alla conndivisione dei contenuti su rete locale, si sa che non è supportato il DLNA e che per leggere i contenuti di chiavette tramite cavi OTG è necessario effettuare il ROOT (con un qualunque file manager si ovvia al problema dello spostamento di file in rete); Ma chi è attratto da questo tablet non si farà spaventare.
Se Google con aggiornamenti successivi renderà possibili le attività per cui attualmente serve un workaround, e migliorerà la navigazione web con il browser che merita Nexus 7, il tablet avrà un successo ancor maggiore, ma già così a mio parere è  un must have.
Comprerei il modello 3G se dovesse uscire? si
Riacquisterei questo Nexus 7 Wi-Fi ? si
Un miglioramento software che chiedo a Big G per questo Nexus 7? un browser che mi consenta di fruire di TUTTI i contenuti del web


Voto: un bell' 8,5

Cristiano





domenica 22 aprile 2012

Appunti Digitali: 25 anni fa nasceva OS/2, velocità Warp… ma non troppo http://goo.gl/mag/MGTnW

giovedì 15 marzo 2012




Inserisco la traduzione di un aritcolo molto interessante da cui trarre spunto per riflessioni un po' ad ampio raggio sul mondo Social-Network e più in generale sulle multinazionali dell'informazione (perchè Google, Apple, Microsoft... Facebook sono ormai soprattutto delle potentissime macchine da guerra dell'informazione, e della pubblicità).
La traduzione è presa dal sito: www.tuttoandroid.net

James Whittake è stato Engineering Director presso Google, per poi lasciare l’azienda poco fa e passare a Microsoft. Con un lungo scritto, pubblicato sul suo blog ospitato presso MSDN, ha voluto chiarire il motivo della sua scelta. Noi vi pubblichiamo la traduzione del post senza ulteriori commenti: lasciamo a voi ogni pensiero e ogni considerazione, che gradiremmo vedere nei commenti. Le parole di Whittaker, in ogni caso, non sono leggere nè buone nei confronti della società di Mountain View.

“Ok, cedo. Tutti vogliono sapere perchè ho lasciato e rispondere individualmente porta via troppo tempo, dunque ecco qui, messo giù nella forma lunga. Leggete qualcosa (arrivo al punto nel terzo paragrafo) o leggete tutto. Ma do un avviso in partenza: non c’è alcun dramma qui, nessuna confessione, nessun insulto verso i vecchi colleghi e niente di più di quello che non potreste già intuire da quanto sta accadendo nella stampa in questo periodo per quanto riguarda Google e il suo atteggiamento verso la privacy degli utenti e verso gli sviluppatori software. Questo è, più semplicemente, un pensiero più personale.
Non è stata una decisione facile, lasciare Google. Durante il tempo passato lì mi sono innamorato abbastanza della compagnia. Ho presentato quattro Google Developer Day, due Google Test Automation Conference e sono stato un prolifico contributore del blog Google testing. I reclutatori [di nuovi impiegati] spesso mi chiedevano di vendere bene la compagnia ai candidati migliori. Nessuno mi doveva chiedere due volte di promuovere Google e nessuno è stato più sorpreso di me quando non ho più potuto farlo. Infatti, i miei ultimi tre mesi con Google sono stati un mulinello di disperazione, nel tentativo vano di far tornare indietro la mia passione.
La Google della quale mi ero innamorato era una compagnia di tecnologia che spronava i suoi impiegati ad innovare. La Google che ho lasciato era una compagnia pubblicitaria con un singolo scopo definito dalla corporazione.
Tecnicamente, suppongo che Google sia sempre stata una compagnia pubblicitaria, ma per la maggior parte degli ultimi tre anni non lo sembrava. Google era una compagnia pubblicitaria solo nel senso in cui un buono spettacolo televisivo è una compagnia pubblicitaria: avere grandi contenuti attrae chi vuol farsi pubblicità.
Sotto Eric Schmidt le pubblicità erano sempre sullo sfondo. Google era gestita come una fabbrica di innovazione, che dava agli impiegati lo sprone di essere molto intraprendenti attraverso premi, bonus ai singoli e 20% del tempo [???]. I profitti della pubblicità ci davano la possibilità di pensare, innovare e creare. Forum come App Engine, Google Labs e l’open source servivano come campi di prova per le nostre invenzioni. Il fatto che tutto questo fosse pagato da una macchina stampa-soldi imbottita di proventi della pubblicità non era percepito dalla maggior parte di noi. Magari gli ingegneri che lavoravano davvero sulla pubblicità lo sentivano, ma il resto di noi era convinto che Google fosse una compagnia attiva nel campo della tecnologia prima di tutto e principalmente; una compagnia che assumeva persone intelligenti e ponesse una grande scommessa sulla loro capacità di innovare.
Da questa macchina per l’innovazione sono arrivati prodotti strategicamente importanti come GMail e Chrome, prodotti che erano il risultato dello spirito d’intraprendenza ai livelli più bassi della comapgnia. Certamente, questo spirito innovativo libero ha creato alcuni fallimenti, e Google ne ha avuto la sua parte, ma Google ha sempre saputo come fallire in fretta e imparare dai propri errori.
In un simile ambiente non devi essere parte del circolo dei raccomandati di un dirigente per avere successo. Non devo avere fortuna e capitare su un progetto interessante [sexy] per avere una bella carriera. Chiunque con delle idee o con le capacità per contribuire poteva rimanere coinvolto [in un progetto]. Ho avuto un sacco di opportunità per lasciare Google in questo periodo, ma mi è sempre stato difficile immaginare un posto migliore dove lavorare.
Ma questo era allora, come recita il detto, e questo è ora.
Si scopre che c’è un punto dove la macchina di innovazione di Google si è inceppata e che quel punto era molto importante: competere con Facebook. Sforzi informali hanno prodotto un paio di bestie asociali come Wave e Buzz. Orkut non ha mai preso piede fuori dal Brasile. Come la lepre del proverbio [la lepre e la tartaruga], abbastanza sicura della sua superiorità da rischiare un breve sonnellino, Google si è svegliata dal suo sonno social per trovarsi minacciata nella sua prima posizione nelle pubblicità.
Google potrebbe ancora mettere le pubblicità davanti a più persone di Facebook, ma Facebook conosce molto di più riguardo quelle persone. I pubblicitari e i publisher gradiscono molto questo genere di informazioni personali, così tanto che sono disposte a mettere il nome di Facebook prima del loro. Esempio A: www.facebook.com/nike, una compagnia con il potere e la presa di Nike mette il proprio nome dopo quello di Facebook? Nessuna compagnia ha mai fatto questo per Google, e Google l’ha presa personalmente.
Lo stesso Larry Page ha assunto il comando per correggere questo torto. Il social è diventato un affare di Stato, un imperativo categorico chiamato Google+. Era un nome terribile che dava la sensazione che “Google” e basta non fosse abbastanza. La ricerca doveva essere social. Android doveva essere social. YouTube, una volta gioiosa nella sua indipendenza, doveva essere… beh, avete capito. Ciò che è anche peggio, è che l’innovazione doveva essere social. Le idee che non mettevano Google+ al centro dell’universo erano una distrazione.
Improvvisamente, il 20% significava “fottuto a metà”. I Google Labs sono stati chiusi. I costi di App Engine sono stati alzati. Le API che prima erano state gratuite per anni sono state eliminate o fornite ad un prezzo. Come le insegne dell’intraprendenza sono state smantellate, discorsi deridenti della “vecchia Google” e dei suoi flebili tentativi di competere con Facebook sono comparsi, per giustificare una “nuova Google” che prometteva “più legno dentro meno frecce”.
I giorni della vecchia Google che assumeva persone intelligenti e gli dava la possibilità di inventare il futuro sono andati. La nuova Google conosce al di là di ogni dubbio come il futuro dovrebbe essere. I dipendenti hanno sbagliato e l’intervento della società avrebbe messo tutto a posto di nuovo.
Ufficialmente, Google ha dichiarato che “la condivisione sul web non va bene”, e niente tranne che la forza piena della nostra mente collettiva stretta attorno a Google+ avrebbe potuto sistemarla. Dovete ammirare una compagnia che vuole sacrificare le mucche sacre e radunare i suoi talenti contro una minaccia al suo business. Avesse Google avuto ragione, lo sforzo sarebbe stato eroico e chiaramente molti di noi avrebbero voluto far parte di quel risultato. Ci ho creduto. Ho lavorato su Google+ come direttore dello sviluppo e ho scritto un sacco di codice. Ma il mondo non è mai cambiato; la condivisione non è mai cambiata. Si potrebbe dire che abbiamo reso Facebook migliore, ma tutto quello che avevo da mostrare a riguardo erano voti più alti nelle recensioni.
Come abbiamo scoperto, la condivisione andava bene. La condivisione funzionava correttamente, Google non ne era semplicemente parte. Un esodo di utenti da Facebook non si è mai materializzato. Non sono nemmeno riuscito a far guardare Google+ a mia figlia teenager più di due volte. “Il social non è un prodotto”, mi ha detto dopo che le avevo dato una demo, “il social è dove c’è la gente e la gente è su Facebook”. Google era il bambino ricco che, dopo aver scoperto di non esser stato invitato alla festa, fa la propria festa in solitudine. Il fatto che nessuno è venuto alla festa di Google è diventato l’ “elefante nella stanza”.
Google + ed io, semplicemente non siamo mai stati fatti per coesistere. La verità è che io non sono mai stato molto per la pubblicità. Non clicco sulle pubblicità. Quando GMail mi fa vedere pubblicità basate sulle cose che scrivo nei miei messaggi, mi fa venire i nervi. Non voglio che i risultati delle mie ricerche contengano le lamentele degli utenti di Google+ (o di Facebook e Twitter, per quel che mi riguarda). Quando cerco “giri tra i pub di Londra” voglio qualcosa di meglio che il suggerimento sponsorizzato di “compra giri tra i pub di Londra a Wal-Mart”.
La vecchia Google ha fatto una fortuna con le pubblicità perchè aveva buoni contenuti. Era come la TV era un tempo: fai lo spettacolo migliore e ottieni i massimi introiti pubblicitari dagli spot. La nuova Google sembra più concentrata sugli spot stessi.
Magari Google ha ragione. Magari il futuro è l’imparare quanto più possibile dalle vite private delle persone. Magari Google sa giudicare meglio di me riguardo quando devo chiamare mia madre o se la mia vita sarebbe migliore se andassi a vedere i saldi da Nordstrom. Magari se mi sgridano abbastanza riguardo tutto quel tempo libero sul mio calendario riuscirò a finire più spesso le cose. Magari se mi offrissero una pubblicità su un avvocato divorzista perchè sto scrivendo una mail riguardo mo figlio di quattordici anni che si sta lasciando con la sua ragazza, apprezzerò quella pubblicità abbastanza da mettere fine anche al mio matrimonio. O magari arriverò a tutte queste cose per conto mio.
La vecchia Google era un gran bel posto dove lavorare. La nuova?
-1


Non sono d'accordo in toto con ciò che James Whittake  ha scritto; non posso negare però di aver percepito io stesso, da "power user" di vecchia data di Linux, Android, e delle soluzioni Google più in generale, una sempre maggiore attenzione alla pubblicità e minore attenzione all'innovazione, alle idee geniali, che a volte si affermano e a volte ovviamente finiscono in un flop, per diverse ragioni: troppo avanti coi tempi, troppo complicate, con poco appeal...
Ho come l'impressione che le Big Companies dell'IT per inseguire la "deformazione Facebook" stiano stravolgendo il proprio quid interiore. E questo non mi piace. A voi?

Cristiano



lunedì 29 marzo 2010

Mobile Browsing - iPhone Android e gli Altri

Sono anni che si parla di internet in mobilità, almeno cinque da quanto mi risulti. Da utilizzatore di smartphone della prima ora, e prima ancora da appassionato di device palmari (ricordo il mio primo palmare, un glorioso Texas Instrument Avigo, sul quale per la prima volta compariva un sistema di scrittura predittiva brevettata da Tegic Communications, che poi sarebbe diventato lo standard indiscusso nelle tastiere qwerty compatte: il famigerato T9) seguo tali aspetti da sempre; solo da qualche mese però posso affermare che la "Mobile Experience" sta diventando qualcosa di più che un semplice vezzo per enthusiast del settore. In particolare credo che si possa riassumere in pochi punti nodali il definitivo successo di tale modalità di fruizione dei contenuti che la rete offre:

1)dispositivi con processori potenti, anche superiori al GHz (Snpadragon docet)

2) schermi di dimensioni sempre maggiori (4 e più pollici) con risoluzioni non castranti per le pagine web

3)browser finalmente degni di questo nome in ambito mobile

4)tariffe dati che seppur ancora troppo costose si avvicinano ad una ragionevole cifra...

5)competizione sempre più serrata tra produttori di smartphone, scatenata da iPhone (esistevano già prima produttori di blasone, ma la scesa in campo di Cupertino ha di fatto svincolato l'utilizzo di questi device dal mondo business per cui erano nati)

Il 2010 sarà a detta di molti (ne sono convinto) l'anno di Android ( con Eclaire e l'ondata di nuovi device immessi sul mercato c'e' da scommetterci), e sempre rimanendo in tema di nuovi Sistemi Operativi, vedremo cosa saprà fare Samsung col nuovissimo (vi prego cambiate politica di acquisizione sviluppatori...) Bada (che non a caso vuol dire oceano... vedremo se sapranno invadere il mercato).
Da utilizzatore di iPhone per motivi aziendali (vado contro la mia natura...) non posso che confermare le impressioni del primo minuto sul famoso "melafonino": non è affatto il miglior smartphone in circolazione; non ha il miglior rapporto costo-prestazioni; non ha una tastiera qwerty fisica (immancabile per chi lavora con questi temrinali, e non si limita a farci il fighetto). Ma ha un appeal indiscutibile. E soprattutto l'App Store ne ha decretato lo strapotere finora. Ma il mercato è molto fluido, e se l'Android market (l'equivalente di App Store per i terminali dell'androide) continuerà a crescere al ritmo attuale vedremo la polarizzazione del settore tra questi due attori. Ah già... c'e' il famoso win mobile 7 in uscita... per fine anno. Beh dopo quel che a Redmond sono riusciti a fare finora mi riservo il giudizio.
A presto

Cristiano

lunedì 23 novembre 2009

Digitale Terrestre e Slow Zapping




Iniziamo col parlare del digitale terrestre, dal momento che almeno nel Lazio,da ormai qualche settimana, senza avere una delle famigerate black box (il decoder esterno appunto) oppure un telefvisore con decoder integrato, non si può vedere null'altro che nebbiolina...

Quanti di voi hanno avuto problemi nelle varie fasi: installazione, collegamento degli infernali cavi, sintonizzazione dei canali? (eh si... col digitale terrestre avremo una infinità di nuovi canali tematici... avremo...).

Ma poi magicamente, a fatica finita, ci siamo accorti che il nuovo mondo digitale, fatto di 0 e 1 in sequenze infinite fino a riempirci il tubo catodico (pardon, il flat panel LCD, PLASMA o LED per i più spendaccioni di noi) ci dischiudeva una serie di nuove informazioni: nuovi canali, molti in lingua inglese, francese, tedesca, araba! uhmmm ma siamo sicuri che questo digitale terrestre non contravvenga alla Bossi-Fini?... ma no dai, è tutto così più moderno, efficiente, multietnico e... e MALEDETTAMENTE LENTO!
Eh si, perchè tutte queste sequenze di 0101001110 che formano i contenuti dei canali digitali, sono proprio lunghe sequenze; insieme al segnale video, spesso ad una risoluzione maggiore della precedente (ce ne occuperemo in un altro post se volete) viaggia attraverso il decoder anche un segnale audio digitale, spesso multicanale (un po come quello del cinema per intenderci) oltre ad altre informazioni: possibilità di scegliere la risposta da dare ad un quiz semplicemente cliccando (o clickando?) un tasto sul telecomando, possibilità di rivedere una scena di un film o addirittura in un futuro prossimo di scegliere il finale tra i 3 finali possibili, insomma molte più possibilità di prima sono associate al digitale rispetto al segnale analogico in via di dismissione; tutte queste informazioni però hanno un "peso", e la prima misura di quanto sia questo peso la si ha passando da un canale e l'altro: la lentezza che riscontriamo è legata alla mole di informazioni, o meglio di contenuti, che sono associate al canale stesso.
E' una questione di pochi decimi di secondo, ma la differenza si nota; non è che questa ritrovata lentezza ci darà qualche secondo in più ogni giorno per riflettere?

Cristiano